COMUNICATO FINALE VESCOVI
COMUNICATO FINALE DEI VESCOVI RIUNITI NEL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA C.E.I.
La preoccupazione per la tenuta del Paese ha fatto da sfondo alla sessione invernale del Consiglio Episcopale Permanente, che si è svolta in videoconferenza il 26 gennaio 2021, sotto la guida del Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
RICONCILIAZIONE E COMUNIONE PER SANARE LE FRATTURE
Il Paese, segnato dall’emergenza sanitaria e dalle sue drammatiche conseguenze sociali, e ora ulteriormente messo alla prova dall’attuale crisi politica, è stato il perno della riflessione dei Vescovi che si sono confrontati proprio a partire dall’analisi delle fratture – sanitaria, sociale, delle nuove povertà, educativa – visibili a livello locale e nazionale. La cronaca e i costanti contatti sul territorio restituiscono un quadro in chiaroscuro, dove alla creatività e alla resilienza dell’intera comunità italiana fanno da contraltare l’incertezza del futuro, l’inquietudine per la mancanza o la perdita del lavoro, una crescita significativa del disagio psicologico, l’emergere delle nuove povertà che stanno stritolando famiglie e imprese. Preoccupa nondimeno la questione educativa, da affrontare insieme e con il contributo di tutti per elaborare progetti che rinnovino e vitalizzino scuole, parrocchie, percorsi catechistici.
Sebbene complesso, questo – hanno sottolineato i Vescovi durante i lavori – non è un tempo sospeso, ma deve essere colto come un’opportunità. La riconciliazione diventa, allora, lo strumento da utilizzare per ricucire il tessuto sociale lacerato e per dare speranza alle donne e agli uomini di oggi. È questo, del resto, l’orizzonte indicato da Papa Francesco a Firenze, in occasione del V Convegno Ecclesiale Nazionale: quell’invito a essere una Chiesa «con il volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza» e che «innova con libertà» continua a risuonare con forza e diventa il binario sul quale far proseguire il cammino della Chiesa che è in Italia nei prossimi anni. Ecco, allora, la necessità – hanno ribadito i Vescovi – di mettere al bando ogni autoreferenzialità ecclesiale che impedisce di guardare l’altro con tratto materno e di lavorare in armonia per realizzare una comunione reale. Per affrontare questa sfida, tornano attuali i principi indicati nel documento “Comunione e comunità” elaborato negli anni Ottanta del secolo scorso che, nel suo essere profetico di quanto stiamo vivendo oggi, rappresenta una bussola per attuare e promuovere il dinamismo della comunione, in vista di una sinodalità che – come aveva spiegato il Santo Padre in apertura dei lavori della 73ª Assemblea Generale del maggio 2019 – si muove in due direzioni: dall’alto verso il basso, ma anche dal basso verso l’alto, con un coinvolgimento di tutto il popolo di Dio e, in particolare, dei laici. Chiara, in questo senso, l’indicazione del Papa che, con il Motu Proprio Spiritus Domini, ha stabilito che possano essere istituti come lettori o accoliti non solo uomini ma anche donne. Si tratta di un orientamento che va accolto con gioia e seguito nella prassi. Il Consiglio Permanente, nella sessione primaverile, si soffermerà sui criteri per il discernimento e la preparazione dei candidati e delle candidate a tali ministeri, da offrire per l’approvazione alla prossima Assemblea Generale.
Solo superando la frammentazione e mettendosi in ascolto attento delle persone – è stato poi ricordato –, sarà possibile offrire una visione comune, radicata nel contesto ma in grado di proiettarsi oltre il contingente in modo progettuale. Una visione capace di sostenere le comunità, aiutandole a riscoprirsi tali e a comprendere che quello che ognuno sta attraversando – con fatica e in alcuni casi con disillusione – è, comunque sia, «un tempo di grazia donatoci per capire la volontà di Dio».
CORRESPONSABILITÀ E IMPEGNO EDUCATIVO
Con lo sguardo rivolto ai prossimi mesi, che saranno cruciali per l’Italia e per l’Europa, i Vescovi si sono concentrati sulla frattura sanitaria: nell’esprimere ancora una volta la loro vicinanza agli ammalati, ai familiari e il cordoglio per quanti sono morti a causa del virus COVID-19, hanno evidenziato la grande opportunità offerta dalla Campagna vaccinale. Vaccinarsi – hanno convenuto – non è solo un gesto di amore per se stessi, ma di attenzione e di cura verso gli altri, oltre che un atto di fiducia nella ricostruzione del sistema-Paese.
Insieme al triste impatto sulla salute delle persone, la pandemia ha aggredito tutti gli ambiti di vita, andando ad incidere in particolare sulle condizioni dei più vulnerabili, dei poveri, degli anziani, dei disabili e dei giovani, i grandi dimenticati di questa crisi.
A preoccupare è il calo demografico al quale si aggiunge un invecchiamento progressivo della popolazione e la desertificazione di alcuni territori. Su questo fronte, il Consiglio Permanente ha rilevato la necessità di una lettura lucida che si traduca in un impegno forte e in politiche familiari adeguate.
Per i Vescovi, occorre moltiplicare gli sforzi per continuare, nonostante le gravi difficoltà nelle quali le famiglie, gli insegnanti e i catechisti si trovano a operare, l’impegno educativo nei confronti delle nuove generazioni e per ricostruire al più presto condizioni e contesti che permettano esperienze formative integrali. Le nuove tecnologie sono di grande aiuto per tenere i contatti e per svolgere attività, ma non possono sostituire la ricchezza dell’incontro personale, della presenza. Aumentano le difficoltà dei bambini e soprattutto degli adolescenti, a cui va riconosciuto di avere vissuto, nella maggioranza dei casi, questi mesi con grande responsabilità e senso civico. Non si può tuttavia nascondere – hanno osservato i Vescovi – che sembrano crescere l’insofferenza dei giovani e la preoccupazione delle famiglie.
I bambini, i ragazzi, i giovani e l’intera comunità hanno bisogno che le scuole, i centri educativi, le parrocchie, gli oratori possano tornare il prima possibile a svolgere la loro funzione di contesti di crescita. Non ci potrà essere un ritorno improvviso alle condizioni di prima, ma fin d’ora tutti, comunità civili ed ecclesiali, sono sollecitati a fare la propria parte, partendo da quello che questo tempo sta mettendo in evidenza. Sta maturando la consapevolezza che i processi educativi sono significativi per le persone quando si basano sulla comunicazione dell’attenzione e della cura, anche quando si è costretti a interagire a distanza. È chiaro ormai che le realtà educative, a partire dalle scuole, hanno bisogno di essere sostenute dalla collaborazione di tutti. In questa direzione, è fondamentale – hanno affermato i Vescovi – attivarsi per costruire sui territori alleanze educative, secondo la proposta di Papa Francesco ad operare per un “Global Compact on Education”.
CON LO SGUARDO RIVOLTO AI PIÙ VULNERABILI
L’impegno a sanare le ferite chiama in causa tutti, come cristiani e cittadini, e stimola un’assunzione di responsabilità comune. Come Pastori – è stato ripetuto dai membri del Consiglio Permanente – non possiamo chiudere gli occhi di fronte alle molteplici povertà: a quelle degli ultimi, che la pandemia ha reso in molti casi invisibili; a quelle di tanti che, per la prima volta, sono costretti a bussare alle porte delle Caritas, che in questi mesi hanno moltiplicato gli sforzi per non lasciare indietro nessuno; a quelle di un numero sempre crescente di famiglie e imprese strette nella morsa dell’usura a causa del sovraindebitamento; a quelle dei migranti che – nell’indifferenza e nel silenzio – continuano ad arrivare sulle nostre coste o sono bloccati sulla frontiera balcanica, al gelo e in condizioni disumane. La paura non deve infatti farci rinchiudere in noi stessi né impedirci di tendere la mano al prossimo, se si vuole costruire una società più equa e più solidale.
Apprezzamento è stato espresso per il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari, sollecitato anche dall’appello che ha visto tra i firmatari il Cardinale Presidente Gualtiero Bassetti, Monsignor Giovanni Ricchiuti, Arcivescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e Presidente di Pax Christi Italia, Monsignor Luigi Bettazzi, Vescovo emerito di Ivrea e già Presidente di Pax Christi International e di Pax Christi Italia. L’accordo costituisce un passo deciso verso la pace di cui il mondo, dilaniato dalla pandemia e da numerosi conflitti, ha urgente bisogno.
DALL’ASCOLTO ALL’ANNUNCIO
Lo sguardo attento sulle fratture (sanitaria, sociale, delle nuove povertà, educativa) invoca una presenza di speranza della comunità ecclesiale accanto agli uomini e alle donne di questo tempo. La Chiesa infatti – con lo stile dell’ospedale da campo – può e deve dare un contributo fondamentale al protagonismo dell’Italia. Di primaria importanza, in questa fase, resta la dimensione dell’ascolto: ci sono sussurri da intercettare, voci confuse da schiarire eliminando i rumori di fondo, richieste velate da cogliere con prontezza. Ricomporre le fratture non significa cancellare le ferite né far finta che non ci siano mai state, ma chiede un di più di coraggio e di pazienza per valorizzarle, farle diventare un’opportunità e il segno della rinascita. L’evangelizzazione, per i Vescovi, deve ripartire da qui, attingendo al patrimonio di conoscenza e di esperienza maturate dalla Chiesa che è in Italia nel corso degli anni e seguendo la via indicata da Papa Francesco nel 2015 al Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze.
COMUNICAZIONI
Rito della pace nella Messa.
La pandemia – ha ricordato il Consiglio Permanente – ha imposto alcune limitazioni alla prassi celebrativa al fine di assumere le misure precauzionali previste per il contenimento del contagio del virus. Non potendo prevedere i tempi necessari per una ripresa completa di tutti i gesti rituali, i Vescovi hanno deciso di ripristinare, a partire da Domenica 14 febbraio, un gesto con il quale ci si scambia il dono della pace, invocato da Dio durante la celebrazione eucaristica. Non apparendo opportuno nel contesto liturgico sostituire la stretta di mano o l’abbraccio con il toccarsi con i gomiti, in questo tempo può essere sufficiente e più significativo guardarsi negli occhi e augurarsi il dono della pace, accompagnandolo con un semplice inchino del capo. All’invito «Scambiatevi il dono della pace», volgere gli occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino, secondo i Vescovi, può esprimere in modo eloquente, sicuro e sensibile, la ricerca del volto dell’altro, per accogliere e scambiare il dono della pace, fondamento di ogni fraternità. Là dove necessario, si potrà ribadire che non è possibile darsi la mano e che il guardarsi e prendere “contatto visivo” con il proprio vicino, augurando: «La pace sia con te», può essere un modo sobrio ed efficace per recuperare un gesto rituale.